Rosina (Presidente Ordine assistenti sociali del Piemonte): «Le/gli assistenti sociali del Piemonte commemorano la Resistenza come fondamento della nostra democrazia, fuori da ogni retorica. Ci distanziamo nettamente, infatti, da dinamiche sociali, culturali, politiche ed economiche che creano povertà, emarginazione, disuguaglianza. Ciascuno di noi è oppresso quando i diritti non sono riconosciuti»
La comunità professionale degli assistenti sociali vuole ricordare quanto avvenuto 74 anni fa e i passi che hanno condotto alla liberazione.
Intorno alle ore 7:00 del 25 aprile 1945 a Torino gira un telegramma del Comitato di Liberazione Nazionale: «Aldo dice 26 x 1. Nemico in crisi finale. Applicate Piano E 27. Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga». Ed è così che quella giornata nel capoluogo regionale ebbe inizio. Tuttavia, la liberazione di Torino e del Piemonte fu preceduta da altri eventi, tra cui lo sciopero generale proclamato dal CLN il 18 aprile 1945. Gli operai degli stabilimenti torinesi abbandonarono compatti il lavoro: mezz’ora più tardi la città si paralizzò. Fermi i tram, abbassate le saracinesche dei negozi, chiusi gli uffici e le scuole.
In Val Sangone i partigiani bloccarono la tramvia della Satti. I combattimenti nelle strade piemontesi continuarono per altri giorni, come il 28 aprile, il giorno della battaglia di corso Dante a Cuneo.
Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) dichiara: «La Liberazione dagli oppressori è avvenuta perché la popolazione ha scelto di partecipare attivamente alla ribellione contro gli oppressori, in attesa dell’arrivo degli Alleati. Non si tratta di un unico giorno o di un unico atto di resistenza. Un susseguirsi di eventi, capillarmente diffusi sul territorio, consentì di raggiungere lo scopo finale. E la storia questo insegnamento ce l’ha sempre reso palese. Attualmente, in questi tempi difficili, caratterizzati da insicurezza economica, inquietudine sociale e paura per il futuro, molti tra i dispositivi legislativi prospettati sono orientati, in nome della “sicurezza”, all’innalzamento di muri, reali o simbolici, alla distruzione di ponti, alla chiusura di porti, utili a creare separazioni, a demarcare il “Noi” rispetto all’ “Altro”. La presenza dei cittadini sta diventando numericamente significativa in tutte le manifestazioni pubbliche orientate alla difesa dei diritti. E gli assistenti sociali stanno facendo la loro parte, a tutela dei diritti».
L’Ordine professionale nell’uscita pubblica a celebrazione del 25 aprile ha coinvolto la professoressa Elena Allegri, docente di servizio sociale presso il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Alessandria – Università del Piemonte Orientale, nonché assistente sociale esperta.
«Grande interesse – afferma Elena Allegri – sta suscitando un approccio critico del Servizio sociale, come disciplina e come professione, che chiede agli assistenti sociali di comprendere che essere oppressi è solo un aspetto di una realtà in cui sono integrati sia loro sia i loro utenti/clienti/cittadini. Le persone con le quali stanno lavorando possono avere un ruolo chiave nell’opprimere altri. E, inoltre, gli assistenti sociali possono essere oppressi dalle politiche sociali ingiuste, dalle istituzioni e organizzazioni cui appartengono e possono essere, a loro volta, oppressori proprio mentre tentano di responsabilizzare le persone che accompagnano. Il Servizio sociale anti-oppressivo sviluppa un approccio critico, collegando disagi individuali e questioni sociali più generali, per comprendere le disuguaglianze e le ideologie che le sostengono, così da affrontarle ed evitare il rischio di esacerbarle».
Carmela, Francesca Longobardi – Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media