Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2023: l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte e la violenza invisibile, quella che tocca i bambini
Il presidente Attinà: «Importante attivarsi per il bene delle vittime visibili e invisibili»
Si avvicina l’appuntamento con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2023 di sabato 25 novembre e l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte, partendo dai recenti fatti di cronaca, cerca di guardare al fenomeno della violenza sulle donne anche attraverso le conseguenze che può avere per i figli.
Sono state 101 le donne uccise in ambito familiare o affettivo nel 2020, 105 l’anno successivo, 104 nel 2022. Tra il 1°gennaio e il 12 novembre dello scorso anno, i femminicidi sono stati 88, nello stesso periodo di quest’anno 82. È perciò evidente che la famiglia resti ancora il luogo più pericoloso. È a partire da questi numeri che l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte ha voluto proporre in questa occasione una riflessione che riguardasse anche i figli, vittime invisibili della violenza in famiglia.
Un racconto: la violenza sulle donne la subiscono anche i bambini.
Ed eccolo il 25 novembre, avvicinarsi come ogni anno. Sulle pagine social si assiste ad un attivismo carico di aspettative. “Stop alla Violenza!”. Immagini di donne devastate, livide, sofferenti, con le bocche cucite, come se il fenomeno si traducesse semplicemente in segnali così visibili, così espliciti… e come ogni anno si farà la “conta”, quella maledetta conta che spazza via la speranza e
lascia solo l’indignazione.
Il ruolo della donna è cambiato, ed è aumentata la sua consapevolezza relativamente all’uguaglianza di genere e ai propri diritti. Eppure i terribili e quotidiani fatti di cronaca coinvolgono anche le generazioni che, quei diritti, dovrebbero averli ormai interiorizzati. È come
se qualcuno ci stesse gridano, a gran voce, che la maledizione biblica su Eva non è mai venuta meno. La violenza contro le donne continua a essere radicalizzata nella profonda tradizione di dominio maschile. Nella quotidianità del nostro lavoro di Assistenti Sociali quella tradizione
continua a bussare alle porte dei nostri uffici, ad “apparire” tra le storie famigliari di cui spesso veniamo a conoscenza a seguito delle richieste di indagini pervenute dai Tribunali.
Oltre alle vittime visibili, noi assistenti sociali lavoriamo quotidianamente per la tutela delle vittime apparentemente marginali e spesso silenziose di tali violenze: i figli.
Quando gli uomini attivano forme di violenza domestica su una madre, direttamente proporzionali alle proprie fragilità identitarie, relazionali e di ruolo, l’esposizione ad esse produce nei bambini molteplici esiti negativi a livello emotivo, relazionale, comportamentale, scolastico e fisico.
I bambini esposti al maltrattamento domestico soffrono perché sono incapaci di provare fiducia, convivono con la paura, l’ansia e il sentimento di impotenza. Il nostro agire professionale, i nostri Servizi, lavorano per dar supporto e voce a coloro che, nella “stanza della violenza” rimangono all’angolo, invisibili agli occhi degli adulti che dovrebbero proteggerli. Noi Assistenti Sociali li incontriamo quei minori. Incontriamo la piccola Chiara, che quando comprende che non è la serata giusta corre in camera sua sperando che la madre non faccia arrabbiare troppo papà, e che lo racconta facilmente, perché pensa che sia normale. Oppure incontriamo Simone, che a 15 anni si è scaraventato contro il padre dopo che aveva trascinato mamma dai capelli per tutta casa per poi romperle con una ginocchiata il setto nasale, oppure Sofia, che quando il padre è finito in carcere per tentato omicidio ne ha bruciato le foto, perché “il caro papà di un tempo ha lasciato
spazio al mostro che ha tentato di uccidere mia madre”.
Fantasmi che spesso nessuno vede, se non quando è ormai tardi. Vittime ancor più silenziose delle madri, in un mondo di adulti che non riesce a tutelarli.
La consapevolezza dei diritti delle donne e dei minori è ormai diffusa all’interno della nostra società e da essa non si torna più indietro; ma la strada è ancora lunga, la fatica si accumula nel mondo dei Servizi e spesso la nostra fiducia vacilla, soprattutto quando la sensazione è quella di essere arrivati troppo tardi. Ed è in questi momenti che dobbiamo guardare al cammino ancora da
percorrere avendo la forza di dire e dirci: “Io ti vedo e continuo ad esserci”.
Daria Moschetti
Queste le parole a commento da parte del presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte Antonio Attinà: «Quest’anno, in occasione del 25 novembre, abbiamo chiesto a una collega di raccontarci un punto di vista diverso sul 25 novembre: quello di chi è coinvolto in modo collaterale nella violenza. Queste poche righe di racconto mostrano una quotidianità che purtroppo viene spesso sottovalutata. Crediamo però che condividere questo genere di storie possa essere utile per prevenire, per favorire una nuova educazione e una maggiore attenzione e cultura tra i più giovani. In questi giorni i fatti di cronaca ci hanno insegnato molto attraverso le parole di Elena
Cecchettin, sorella di Giulia, recente vittima di femminicidio: Elena ha parlato di educazione sentimentale e sessuale nelle scuole, ma soprattutto ha parlato di riattivare un senso di comunità e tornare umani. Come Ordine Assistenti Sociali del Piemonte sentiamo forte questa
responsabilità, così il peso di queste parole di invito ad agire e l’importanza del nostro ruolo rispetto a questa problematica, ed è con questi obiettivi ben chiari che lavoriamo ogni giorno per provare a ridurre con sempre maggior convinzione questi fenomeni di violenza».