Comunicato stampa del 18 agosto 2020. Woodstock e l’avvio di un movimento culturale e politico. Gli assistenti sociali apprendono dalla lezione di Collier e lanciano un’esortazione: “Oggi, come allora, impegniamoci per raccontare la realtà con l’obiettivo di decostruire stereotipi e pregiudizi”

Il 18 agosto 1969, termina a Bethel, nello stato di New York, il festival di Woodstock. Tenutosi all’apice della diffusione della cultura hippie, vi hanno partecipato oltre 400 mila persone da tutti gli USA. Nell’organizzazione dell’evento, avviato nella primavera del 1969 la Woodstock Ventures subito trovò molti ostacoli: gli abitanti e le amministrazioni del luogo prescelto si opposero e, una volta cominciato l’evento, gli editors insistettero perché il tono dei reportage indicasse un disastro sociale in corso, non doveva infatti emergere la dimensione della cooperazione e tantomeno il fatto che si fosse davanti ad un caso straordinario di come un’intera generazione sognasse un mondo in pace e senza guerra. Fu, insomma, il tentativo da parte di alcuni media di interpretare la realtà piuttosto che di raccontarla.

Nell’anniversario della giornata di chiusura, gli assistenti sociali del Piemonte ripensano alle immagini di quell’evento e a cosa avvenne dopo, al rumore mediatico e alle conseguenze su quella generazione.

Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) interviene: “Il sito del festival non era stato attrezzato per tante persone e l’amministrazione cercò come potette di osteggiare l’organizzazione dell’evento. Nonostante ciò, il Festival si fece ed ebbe il risultato che tutti conosciamo. In seguito, si tentò di distorcerne la narrazione, ponendo in rilievo quello che non funzionò anziché dare risalto al messaggio di amore e pace che si voleva portare nel mondo. Bernard Collier, cronista del New York Times, si rifiutò di descrivere ciò che non avvenne, parlando – come alcuni fecero e tentarono di persuaderlo – di una catastrofe sociale. Invece, Collier decise di dire la verità e di combattere per riuscire a dirla”.

Come riporta Il Corriere, Woodstock fu un evento colossale, svoltosi in condizioni di estremo disagio, che era filato via liscio, senza incidenti, in un’era molto violenta: un’epoca di scontri razziali, con gli idoli dei giovani — Robert Kennedy e Martin Luther King — appena uccisi, la guerra nel Vietnam e molto altro.

Secondo l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte, raccontare il sociale permette di costruire una memoria condivisa ed un bagaglio comune di significati. Ed è per questa ragione che è stato costituito un gruppo di lavoro ad hoc, intensificando l’attività avviata dal Consiglio precedente (mandato 2014-2018).

Carmela Francesca Longobardi, consigliera dell’Ordine regionale e referente del Gruppo Comunicazione e dei Rapporti con i Media, prosegue: “Quando ci siamo insediati come Consiglio e come gruppo Comunicazione ci siamo posti alcuni obiettivi: migliorare la comunicazione interna ed esterna, anche con gli iscritti e anche attraverso nuove modalità e strategie, implementare la comunicazione rivolta ai mass media, presidiare e contribuire al dibattito sul sistema dei servizi, delle scelte politiche e dei contesti dell’azione professionale. Da marzo 2018 ad oggi abbiamo diffuso e inviato ai mass-media 49 comunicati stampa, su una moltitudine di temi. Ad esempio abbiamo reso nota la nostra posizione sul disegno di legge allontanamento zero, sull’emendamento riguardante le slot machine, portato a galla – insieme agli altri ordini regionali e al Consiglio Nazionale – il tema della violenza contro gli assistenti sociali. Abbiamo ribadito la nostra linea apartitica, ma al contempo abbiamo tentato di interloquire con tutte le forze politiche, talvolta invano. Si tratta di piccoli passi necessari per avviare una contro-narrazione e diffondere principi a tratti considerati demodé e superflui. Non abbiamo la forza di quelle 400.000 persone che parteciparono alle tre giornate, tantomeno la presunzione di creare un impatto pari o equivalente. Nonostante ciò continueremo con impegno a raccontare le storie di quasi 2.500 assistenti sociali piemontesi che quotidianamente sostengono minori, famiglie, anziani, persone con disabilità o malate perché sono queste storie che possono offrire una visione diversa di ciò che capita, con l’obiettivo di migliorare la vita di tutti, e di chi sta ai margini e/o è discriminato”.

Rosina conclude: “Oggi come allora, occorre contrastare una narrazione stereotipata e non veritiera. Tuttavia – almeno su alcuni frangenti – osserviamo un movimento positivo: dal 2017 ad oggi, l’editoria sta iniziando ad interessarsi ai professionisti dell’aiuto come di persone capaci di scorgere la straordinarietà nell’ordinario e di farsi narratori dell’esistenza – o frammenti di essa – di persone solo apparentemente senza nulla da dire, insegnare, trasmettere. Per parlare della professione e delle persone di cui ci occupiamo, stiamo lavorando per organizzare una serie di salotti letterari, usando una piattaforma online.  L’idea è quella di presentare cinque libri scritti da assistenti sociali sulla quotidianità professionale e in particolare sulle storie di vita delle persone che incontriamo”.

Carmela, Francesca Longobardi – Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media

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