Si pubblica con piacere il contributo di una collega.
SCRITTURA PROFESSIONALE: L’INGERENZA DEL DESIDERIO.
Ci sono tanti modi per scrivere, per fermare un pensiero, parola dopo parola, su un foglio, una varietà immensa di forme espressive che caratterizzano il potenziale creativo umano.
Proprio l’espressività è la qualità specifica del nostro scrivere che ha uno stile, un corredo valoriale e concettuale e anche una precisa nota emotiva, diversa momento per momento, situazione per situazione.
Quando scriviamo, dunque, prima ancora di scrivere “di qualcosa” scriviamo di noi, ma quando lo scrivere è un atto professionale, la nostra unica e particolare visione soggettiva del mondo deve lasciare spazio all’oggettività.
La scrittura professionale non è una forma di scrittura espressiva, ma un puro strumento comunicativo che deve essere adeguato alla specificità di chi riceve l’informazione ed efficace nel raggiungere la finalità informativa perseguita.
Secondo voi è facile silenziare completamente le emozioni, le aspettative e i desideri? Forse non ci credete, ma proprio i nostri desideri modificano l’assetto di una frase, ricamando con la punteggiatura attese e speranze, oppure sbarrandovi le porte con forza quando il colore che usiamo per scrivere è il nero.
Quando siamo influenzati da precedenti esperienze, da nostre proiezioni personali o da emozioni negative che appesantiscono le nostre giornate, possiamo raccontare un fatto enfatizzandone le criticità, ipotizzando risultati fallimentari, senza esplorare le possibili risorse.
Se questa affermazione è abbastanza scontata e facilmente verificabile, molto più evanescente e ingannevole è l’influenza del “desiderio”, eppure altrettanto potente nell’interferire con le storie di vita delle persone.
Se ci pensate bene, molti dei progetti che scriviamo sono intrisi del nostro desiderio di avere un “lieto fine”, allora, il più delle volte inconsciamente, possiamo minimizzare sulle difficoltà che abbiamo riscontrato, omettere elementi oggettivi di problematicità o includere possibilità future come fossero già realtà concrete.
Direte voi, cosa c’è di male nell’essere positivi, nel dare “un piccolo aiuto” perché le cose vadano in una certa direzione?
Intanto per cominciare la direzione che noi abbiamo desiderato non sempre è quella fortemente voluta e sostenuta da tutte le parti in causa. Potrebbe essere la migliore soluzione da un certo punto di vista, sicuramente lo è dal nostro. Infatti è proprio questo il problema, il desiderio ci pone nel nostro personale e soggettivo punto di vista, apre la strada alle aspettative e fa diventare “NOI” i protagonisti della storia, con
tutta l’immensa ondata di frustrazioni, di malumori e di sentimenti di rabbia quando le cose non vanno nella direzione che NOI avevamo desiderato.
Sempre noi infatti, ci assumiamo responsabilità che non sarebbero nostre, ci accolliamo emotivamente il peso di far andare bene le cose, spesso combattendo senza risorse da soli, armati solo da un’infinita, folle, incoerente forza di volontà.
La cosa buffa è che qualche volta il risultato desiderato arriva, a volte le persone si piegano alla nostra indiscutibile determinazione e alla fine ci ringraziano pure, ma a quale prezzo?
Non credo sia sbagliato desiderare un mondo migliore, essere orientati secondo alti valori e perseguire il bene delle persone, anzi forse è proprio questo che ci ha fatto scegliere questa professione.
Quello che sto dicendo è che noi siamo noi e le persone sono le persone e quando ci troviamo a scrivere come assistenti sociali, dobbiamo farlo in modo neutro.
Scrittura professionale a PH neutro è quella che richiede lo sforzo costante e attento di ripulire le nostre parole dall’emotività, facendo un passo indietro, per mettere a fuoco il punto di vista di chi è il vero centro della storia.
Per riuscirci dobbiamo lavorare su noi stessi attraverso percorsi di autoconoscenza, che aumentino la consapevolezza rispetto a quanto ci attiva emotivamente, per conoscere esattamente, quanto ancora siamo distanti da quella calma interiore che consente al lago della nostra mente di essere uno specchio perfetto per ciò che si affaccia alla nostra attenzione.
Con umiltà dobbiamo pesare ciò che ci separa da questo stato di chiarezza interiore, almeno per dirci con sincerità che la nostra scrittura professionale non è affatto neutra.
Non lo è per le parole che scegliamo, per quelle che evitiamo di dire, o semplicemente perché in quanto esseri umani neutri non lo siamo mai.
Tutto ciò che possiamo fare allora, è starci attenti, fare del nostro meglio, non essere mai definitivi e categorici, ma sempre pronti a nuovi sforzi per comprendere e farci comprendere, attraverso una scrittura professionale che non sempre riesce a essere una foto digitale, ma che spesso, somiglia di più a un acquerello, che prende la sua forma fluida poco per volta e si adatta a una realtà che muta, come la luce
nelle diverse ore del giorno.
Assistente Sociale Linda Dutto