Oggi è la giornata Internazionale delle persone con disabilità , indetta dalle Nazioni Unite. Diventa ancora una volta l’occasione per interrogarsi sulle novità, sui dubbi e sulle prospettive future che la riforma sulla disabilità ha portato con sé.
Cosa cambia con il DLgs 62/2024?
“Potrà bastare una nuova semantica? Si chiede Carlo Giacobini (consulente per i diritti di CoorDown) in un articolo pubblicato su Animazione Sociale. Le nuove accezioni di “progetto di vita”, “partecipazione” , “coprogettazione” pongono dilemmi, comportano ricadute pratiche non
di poco conto.
Il DLgs 62/2024, pubblicato il 14 maggio 2024, quale attuazione della legge delega n. 227 del 22/12/2021, fornisce una definizione della condizione di disabilità, mettendo in risalto la persona piuttosto che la condizione invalidante. Definisce il Progetto di Vita Individuale, Personalizzato e Partecipato (PdVIPP) come il fulcro della Riforma della Disabilità. Il decreto trasforma il progetto da facoltà a dovere per la Pubblica Amministrazione, mettendo la persona con disabilità al centro del sistema e abbandonando il modello biomedico per un approccio biopsicosociale.
Ad occuparsi del progetto di vita è l’art. 18 del d.lgs 62 secondo il quale “il progetto di vita individua, per qualità, quantità ed intensità, gli strumenti, le risorse, gli interventi, i benefici, le prestazioni, i servizi e gli accomodamenti ragionevoli, volti anche ad eliminare e a prevenire le barriere e ad attivare i supporti necessari per l’inclusione e la partecipazione della persona stessa nei diversi ambiti di vita, compresi quelli scolastici, della formazione superiore, abitativi, lavorativi
e sociali”.
Non è quindi solo un documento burocratico, ma uno strumento dinamico e strategico che coordina interventi di diversi settori (sociale, sanitario, scolastico, lavorativo) e coinvolge la persona, la sua famiglia e i professionisti per aiutarla a raggiungere obiettivi e desideri.
Cosa prevede il Progetto di Vita?
Prevede un approccio globale:
considera la persona nella sua interezza, integrando aspetti legati all'apprendimento, alla socialità, all’affettività, alla formazione, al lavoro, all’abitazione e alla salute
valorizza la partecipazione attiva (un processo costruito con la persona, non sulla persona, garantendole il diritto di scelta e di autodeterminazione)
Prevede il coinvolgimento di diversi attori (famiglia, scuola, servizi comunali, ASL e altri professionisti); quindi ha una doppia natura: individuale e comunitaria
Prevede la definizione di obiettivi e supporti (identifica gli strumenti e le risorse necessarie per raggiungere obiettivi personali, valorizzando i punti di forza e i facilitatori piuttosto che le mancanze della persona)
Prevede un atteggiamento di flessibilità. “Si tratta di una sfida da sottrarre al pericolo” – come sottolineano M. Colleoni, C. Giacobini, M. Paolini – “di ridurre il progetto di vita a dispositivo tecnico, smarrendone la dimensione processuale, che impone di ‘scrivere a matita’ i progetti di vita”, adattandoli ai cambiamenti nel corso del tempo.
Il Progetto di vita serve a costruire il futuro, non solo a organizzare il presente, secondo una prospettiva che pone l’ accento non unicamente sul bisogno ma sui desideri e le aspirazioni della persona. Questa prospettiva ci consente di incontrare la persona con disabilità non solo come “malata” o “mancante di qualcosa” (accento sulla diagnosi), oppure mettendo al centro l’autonomia (mito dell’autonomia: una persona è felice solo se riesce a fare molte cose da sola), ma sulla dimensione desiderante , intendendo il “desiderio” come “la spinta vitale che orienta le energie e sostiene la possibilità di crescita e di miglioramento di sè” (Colleoni 2025).
In questo consiste il processo emancipatorio. Le aspirazioni individuali diventano un elemento collettivo, in quanto la società si adopera per rendere esigibili tali aspirazioni.
L’esperienza ci dice che si può fare
Dal 1° gennaio 2027, tutte le persone con disabilità avranno diritto ad avere un progetto di vita personalizzato e costruito secondo queste nuove regole.
Questi progetti costruiranno sistemi di sostegni personali con un effetto sulla collettività.
Negli ultimi 20 anni molte persone e comunità hanno lavorato insieme per costruire progetti di vita rispettosi dei diritti della persona. Grazie a questa esperienza, abbiamo capito che è possibile cambiare i contesti in cui si vive, per renderli accessibili e inclusivi, trasformandoli in luoghi, attività, relazioni a cui tutte le persone possono prendere parte. Questo in attuazione della Convenzione dell’ONU, approvata il 13 dicembre del 2006.
Non è solo un cambio di paradigma.
“Si tratta di un’occasione storica. Non possiamo sprecarla” (Cecilia Marchisio, 2025)








